GIADA GORI corso di Formazione Grosseto 2915/16
Quando, nel sogno, mi sono ritrovata…
Dono alla mia maestra Marinella, queste pagine in cui ho voluto mettere
me stessa nero su bianco, perché mi ha insegnato che non mi devo
vergognare a risvegliare la bambina che sonnecchia dentro di me… e
questo porta con sé la riscoperta di una sensibilità pura e onesta, come
quella con cui ho scritto ciò che segue.
C'è bisogno di tempo prima che un insegnante diventi padrone del ruolo che ricopre, perché egli stesso è, prima di tutto, una persona, con le sue insicurezze, dubbi e paure.
Ciascun maestro porta con sé la propria storia, il proprio vissuto, il proprio essere.
Deve lavorare molto più di quanto si possa credere.
Non si parla solo di tecnica.
Si parte da molto più lontano, dalla conoscenza di sé stesso e poi di
sé stesso in relazione agli altri, perché quel che ha deciso di fare
nella vita è stare dietro le quinte, per cercare di trasmettere ciò che
ha dentro a chi si trova davanti, ogni volta, a lezione.
Il maestro deve avere la forza di farsi molte domande e per trovare le
risposte, deve scavare, interrogare cuore, anima e testa, provare a
mettere assieme i pezzi per avere piena consapevolezza di ciò che è la
sua essenza, da mettere poi a servizio dei propri allievi.
Il percorso tortuoso che si trova a dover affrontare è, quindi, in primo luogo, quello della conoscenza di sé.
Questo può avvenire soltanto se decide di sfidare ogni volta il sé
stesso che più teme, quello che lo fa mettere in discussione: sfidare i
propri limiti, per riuscire a guadagnare, ogni volta,
quell’arricchimento che porterà un pizzico di entusiasmo tutto nuovo al
suo operato, un nuovo punto di vista, una nuova metodologia, un nuovo
approccio.
Bisogna, quindi, essere aperti al cambiamento, avere la forza di andare
alla ricerca di sfide che mettano in gioco sé stessi: solo in questo
modo è possibile crescere, migliorare.
Un’insegnante che si chiude, presuntuosamente, nelle sue certezze, che
non è aperto al cambiamento, che non è pronto a rivedere il suo
pensiero, limita se stesso e il suo lavoro in sala.
Mettersi in discussione, cosa sempre più difficile, specialmente per un
adulto, è la dimostrazione del grande amore che si prova per ciò che
si è deciso di fare nella vita, consente di acquisire sicurezza nel
gestire le ore di lezione, nel tenere in mano il gruppo classe, che, da
parte sua, inizia a intravedere nell’insegnante un punto di riferimento.
Si gettano così le basi per un rapporto di fiducia e stima da parte di
quelle allieve che fremono dalla voglia di entrare in sala, che si fanno
prendere per mano e condurre tra note e passi, regalando, da parte
loro, sorrisi e abbracci, risate e sbuffi di fatica.
E’ questa la potenza del lavoro che un insegnante ha deciso di intraprendere: essere travolti,
sì dalla gioia di osservare con pazienza e cura i miglioramenti degli
allievi, ma anche dall'affetto di bambini che vede crescere e con i
quali egli stesso si arrende a crescere, dalla soddisfazione di sentirsi
dire: "Sono emozionato perché comincia un nuovo anno" oppure "Non
voglio andare a casa! Balliamo ancora!"
Ed
è quello che ho provato io, che ho sentito sulla mia pelle, quando sono
tornata a casa dopo il primo week end di corso di Giocodanza: "Quando
balliamo di nuovo, maestra?!", e mi sono detta che avrei dovuto avere il
coraggio di fare questa scelta molto prima.
Di sfide, negli ultimi anni, ne ho combattute parecchie, alcune sono
stata costretta ad affrontarle perché la vita ci mette davanti a delle
difficoltà dalle quali non si può scappare, alcune le ho cercate quando,
finalmente, ho deciso di volere bene ad una persona che ha sempre avuto
poca fiducia nelle sue possibilità e che non ha mai creduto fino in
fondo a ciò che fosse in grado di fare… ho deciso di volere bene a me
stessa.
Ed è stata la cosa migliore che avessi mai potuto pensare di fare.
Erano anni, ormai, che il pensiero di intraprendere il cammino di
Giocodanza, trovato per caso in una delle mie tante ricerche on line, mi
frullava per la testa.
Nella
vita, c’è un tempo giusto per tutto, e, ormai, ho imparato a
riconoscere quando arriva il mio “tempo giusto”: sento un fremito nella
pancia che corre veloce e arriva alle dita, e non posso far altro che
lasciarlo fluire, assecondando il mio istinto.
Così, ad ottobre, ho compilato il mio modulo di iscrizione, decidendo,
finalmente, di dare vita a quel flebile e timido sibilo che da tempo
tenevo in un angolino nascosto e che mi catapultava al di fuori della
mia zona di sicurezza, illustrandomi la danza come un gioco.
Era forte la voglia di voler affrontare di nuovo un percorso che mi
avrebbe messo a confronto con altre persone che, come me, sono
innamorate di ciò che fanno.
Avevo voglia di imparare, di conoscere, avevo voglia di crescere,
perché solo quando si comprende che mettersi in gioco è così pauroso
quanto gratificante, solo allora si decide di crescere.
Solo
affrontando il se stesso ordinario, quello che preferisce nascondersi
piuttosto che esserci in prima persona, il se stesso ordinario in
situazioni diverse dal solito, si riescono ad illuminare quelle
sfumature che fanno parte di noi, che non riuscivamo a vedere, e che
danno una luce tutta nuova al nostro essere.
E
così, sono entrata, intimidita e spaesata, in una sala di danza di
Grosseto, senza sapere cosa potesse succedere, e, gioco dopo gioco, ho
iniziato a risvegliare la bambina che sonnecchiava dentro di me.
Sono tornata ad essere allieva, e non una qualunque, ma l'allieva che
non sono mai stata, perché quello che mi hanno insegnato non l'ho visto
in nessun'altra aula in cui abbia mai messo piede.
La magia che ho vissuto è stata unica.
Sono stata guidata in un paese incantato, quella della danza come
gioco, dalla Maestra Marinella, che, con sicurezza e decisione, passione
e amore materno mi ha regalato risate, sorrisi e idee.
Uno dei tanti pregi di questa maestra, che ha conquistato tutti dal primo istante, è quello di aver avuto la generosità di condividere, con noi insegnanti, l’esperienza che ha maturato durante la sua carriera artistica, regalandoci un nuovo modo di trasmettere la passione per questa disciplina.
Mi sono resa vulnerabile all'immaginazione e ho riscoperto che la
musica dà la possibilità di vedere il mondo con gli occhi di quel
bambino che hai dimenticato, perché si cresce, si affronta la vita e si
scopre che tutto non è poi così facile, non è poi così puro.
Mi son lasciata camminare tra boschi, praterie, villaggi, ma il bello è che mi ci sono ritrovata, senza pensarci.
l corpo è fermo, immobile, ma la mente viaggia, scopre, tocca, odora, assapora, sente.
Con gli occhi di un bambino si accendono miriadi di luci su cose che
nessuno può vedere, noi grandi abbiamo dimenticato quanto sia bello quel
mondo incantato, fatto di farfalle, api, pirati e sirene.
Quando ci troviamo a riscoprirlo, scatta qualcosa, sale dalla pancia e
arriva fino alle labbra, apri gli occhi e sorridi perché ti è stato
regalato un sogno.
Fremi dalla voglia di ballarlo, in modo più naturale possibile perché
senti il bisogno di liberarti delle costrizioni che hai addosso. Fai un
passo scoordinato agli occhi di una maestra ma che per te ha un
significato unico.
Il significato della libertà di esprimersi, di comunicare col
linguaggio di quel bambino che si è risvegliato da un noioso sonno senza
sogni.
Per un adulto, ballare liberamente è forse una delle cose più difficile
perché, a differenza di un bambino, sente forte sulla sua pelle il peso
degli occhi di chi lo guarda, il peso del giudizio, e prova paura e
vergogna.
Quando riassapori la sensazione di ballare liberamente senza troppi
pensieri, senti di nuovo quella forza potente che è la stessa che ti ha
fatto innamorare della danza fin dal primo istante in cui l’hai
incontrata, e che, forse, avevi messo un po’ da una parte, smettendo di
esibirti e dedicandoti all’insegnamento.
Esprimersi, in modo ingenuo, puro, semplice, liberarsi dalle
costrizioni, questo ti riconnette a quelle piccole ballerine che ogni
volta vedi correre in sala, nei loro body rosa confetto.
Ogni volta che tornavo a casa dal Weekend di Giocodanza, ero impaziente
di entrare in sala per provare, sperimentare, testare ciò che avevo
imparato.
Se io mi ero entusiasmata a prendere parte, come allieva, alla lezione
della Maestra Marinella, le mie allieve si sono da subito innamorate
della giungla, di Madame Spooky, della terrazzina a gambe flesse, degli
esercizi di respirazione con la voce, ma soprattutto si sono
appassionate ad una lezione nuova, che crea aspettativa per la
successiva e complicità tra maestra e allieve.
A lezione, ti poni in modo diverso: offri esercizi di tecnica sotto la
forma di gioco e ti accorgi che le allieve sono motivate, entusiaste e
desiderose di imparare.
E non c’è soddisfazione più bella di quando la mamma di una allieva ti
ferma e ti dice: “Cosa ti è successo? Questo corso a Grosseto ti fa
benissimo! Fiammetta non smette di raccontarci della giungla, dei
pirati, delle sirene… si domanda dove le porterai la prossima
settimana!!!! E poi… ci fa vedere tutti gli esercizi, ce li spiega, e ci
tocca pure farli perché lei deve correggerci!! Guarda, io così contenta
e motivata non l’avevo mai vista! Brava!! Continua così!!”.
Sono queste piccole, ma grandi parole che ti donano una commossa
soddisfazione, ed anche se qualche volta hai sentito affievolirsi il
brio che ti ha sempre animato perché pensavi di non farcela, adesso sei
felice di aver continuato, anche contro pareri avversi, seguendo la
strada che solo tu ritenevi più giusta.
Con il Giocodanza si dà libero sfogo alla nostra creatività e
l’introduzione degli attrezzi giocattolo, oltre ad avere una finalità
puramente tecnica, rende piacevole e scorrevole la lezione inducendo le
bambine a fare esercizi difficili, e per loro forse anche un po’ noiosi,
con il sorriso.
Il Giocodanza è basato su un’interazione particolare tra allieve e
maestra, porta ad una relazione complice e ad un libero scambio di idee
tra le parti. Quindi lo trovo molto stimolante per entrambi.
Tutto ciò non ci deve far dimenticare che non è solo un gioco, ma anche applicazione, serietà e disciplina.
Ci si dimentica spesso di cosa vuol dire essere allieve, alle prime
armi, di una disciplina così tanto bella quanto impegnativa, come la
danza e:
Il Giocodanza è la metodologia più divertente, intelligente e sensata per avvicinare i più piccoli ad un mondo così complesso.
Il Giocodanza ti prende per mano e ti fa entrare in punta di piedi
dietro le quinte del grande spettacolo che è la danza classica.
Il Giocodanza conquista chiunque prenda parte, anche solo per un
istante, ad una lezione, sia in prima persona, sia come spettatore.
Il Giocodanza educa le allieve e le appassiona.
Il Giocodanza è una metodologia che rende giustizia alla creatività dei maestri.
Il Giocodanza entusiasma non solo i suoi piccoli allievi, ma anche i genitori.
Grazie al Giocodanza ho riscoperto me stessa.
Grazie al Giocodanza le mie allieve, adesso, hanno una maestra che non ha paura di far fluire la propria creatività.
Grazie al Giocodanza le idee non finiscono di uscire dalla mia testa.
Sento
in me qualcosa nella pancia quando mi preparo per la lezione: è
un'emozione unica, assaporo l'agitazione e l'entusiasmo, la voglia di
dare in modo incondizionato, di trasmettere la gioia per quello che
faccio. Solo quando entro in sala tutto si placa, tutto torna al proprio
posto, dalla tempesta si passa alla calma, sento la pazienza che
altrove non riesco ad avere, sento sulle labbra le parole giuste, sento
sulle mani i gesti e i movimenti giusti...
Sento amore che esplode!Con le mie piccole allieve tutto acquista un senso…
ed io trovo pace!
Ripensando alla bellissima esperienza che si è appena conclusa, mi vengono in mente i versi di una canzone dei Negramaro, che vorrei dedicare alla mia Maestra Marinella...
Ripensando alla bellissima esperienza che si è appena conclusa, mi vengono in mente i versi di una canzone dei Negramaro, che vorrei dedicare alla mia Maestra Marinella...
Perché la danza come gioco che lei ha fatto conoscere a noi insegnanti
"grandi" mi ha fatto riscoprire la libertà di immaginare un mondo che
renda felici i miei allievi.
Non c'è una danza che non ti convinca
Di poter volare liberi
Senza rinchiudersi e infine arrendersi
A questa stanza che non sa dormire.
Il posto dei santi, Negramaro
Dedico,
infine, un pensiero alla persona che mi ha sempre sostenuto nel mio
percorso, accompagnandomi a lezioni, saggi, spettacoli, pettinando i
miei lunghissimi capelli e dandosi da fare per cucire costumi e gonne…
alla nonna che si è seduta di nuovo alla macchina da cucire per
confezionare vestiti per le mie allieve, e tutto quello di cui avevo
bisogno per le mie lezioni…
A te, che hai saputo starmi accanto, tenermi la mano, una mano che ora cerco ma non trovo.A te, dedico tutte le mie sfide, le mie battaglie.
A te, dedico la mia forza che, purtroppo, è solo un pallido riflesso della tua.
A te, dedico il mio esser tornata bambina, quella bambina che tu hai cresciuto.
A te, dedico il mio mondo fatto di tulle e lycra.
A te, dedico la mia danza.
Sempre nel tuo cuore, accanto a te